Fiesole Paesaggio, territorio e architettura 1944-2014
Venerdì 13 febbraio 2015, ore 17.00 Casa Marchini Carrozza, Fiesole
Dal Piano regolatore del 1974 alla variante per le zone agricole del 1984
con Giovanni Maffei Cardellini, Francesco Alberti, Ilaria Agostini
coordina Gabriele Corsani, docente dell’Università degli Studi di Firenze
Il piano regolatore a Fiesole uno sguardo dal 1993 al 1960
Sintesi dell’intervento di Giovanni Maffei Cardellini
L’intervento parte dai primi anni novanta, dall’esperienza di membro della Commissione edilizia ambientale comunale. In quel momento (1993) lo strumento urbanistico era costituito dal Piano Brunelli del 1974 integrato da una serie di Varianti: in particolare la Variante (1990) al patrimonio edilizio urbano e la Variante alle zone agricole (1984) del prof. Gian Franco Di Pietro, della quale parlerà Ilaria Agostini, la migliore realizzata in Toscana per profondità del quadro conoscitivo e per qualità progettuale. Insieme producevano una strumentazione urbanistica chiara ed efficiente, in grado di tutelare il territorio, costituendo un modello anche per altri Comuni. A questa situazione si era arrivati attraverso un lungo lavoro amministrativo e la presa di coscienza da parte degli amministratori della necessità di tenere in equilibrio le esigenze dei cittadini, il tema della crescita urbana e del contemporaneo abbandono della campagna con la responsabilità di gestire un territorio ricco di beni storico-architettonici e culturali e un paesaggio famoso per la sua bellezza e qualità ambientale. E inoltre di capire dove stava quel punto d’equilibrio.
I tempi di questa presa di coscienza sono stati quelli necessari per approvare il primo piano regolatore comunale. Una vicenda che comincia nel luglio del 1960 quando si concretizza l’idea di realizzare un Concorso per assegnare il progetto del Piano regolatore e termina nel dicembre del 1974, quando la Regione, da poco entrata nelle funzioni amministrative, approva il Piano regolatore. L’intervento ripercorre quindi l’esito del Concorso di idee e di impostazione per il piano regolatore indetto nel 1961, i contenuti del Piano adottato nel 1968, scaturito dal concorso, e i principali elementi che portarono ad una forte opposizione e al dibattito che favorì la revoca del piano stesso. Da qui si esamina la nuova proposta di Piano presentata, il ruolo svolto dalla Regione attraverso le prescrizioni emanate dalla Commissione regionale tecnico amministrativa, i contenuti del Piano che sarà approvato nel dicembre del 1974. Prima di essere un esempio per tutti di conservazione del territorio, Fiesole è passata dal possibile scempio alla tutela, volendo parafrasare il titolo del volume di Gianfranco Gorelli: "Dalla crescita alla tutela, Quarant’anni di governo del territorio a Fiesole", Firenze 2004, al quale si rimanda per una più puntuale storia. L’intervento è corredato da una serie di diapositive, curate da Alberto Montemagni, che illustrano lo stato del territorio, i piani regolatori in discussione e le trasformazioni territoriali che hanno indotto.
La prima carta, elaborata da Daniele Pecchioli, rappresenta lo stato del territorio a fine ottocento, prima delle trasformazioni urbane fiorentine. È utile per cogliere il rapporto fra Fiesole e il capoluogo e i principali elementi strutturali del territorio. Pur con una storia bimillenaria, Fiesole non ha una forma urbana complessa; mantiene i caratteri dell’insediamento di crinale che si allunga per seguire la morfologia dei luoghi. Più che urbano il tema si annuncia territoriale e paesaggistico e nella tavola si apprezza la complessa struttura morfologica nella quale è ancora insediata un’agricoltura che ha costruito e mantiene il bel paesaggio fiorentino, insieme a giardini e ville che si sono inserite nel versante che guarda Firenze (vedi le vedute successive di Fiesole da San Domenico) o nelle parti più nascoste e naturali, dove si ritrovano stranieri in cerca di un medioevo vero o immaginato, come Sir Temple Leader al castello di Vincigliata.
L’immagine successiva propone il solo territorio comunale di 4.215 ettari, a sinistra alla fine dell’ottocento (la carta precedente con l’aggiunta del catasto leopoldino, per completare la porzione settentrionale), a destra al 1960, in una foto aerea fornita da Lucia Nadetti responsabile dell’Archivio storico comunale. Essendo una porzione di un sistema funzionale, urbano e viabilistico, ambientale e paesaggistico molto più ampio, bene si percepisce l’importanza della pianificazione territoriale, argomento dell’intervento di Francesco Alberti, avviata dal 1951 con il Piano intercomunale fiorentino, ma che resterà in sostanza senza esiti amministrativi.
Nel 1961 la popolazione era di 12.432 abitanti, dei quali il 18% era attivo in agricoltura, dove si contavano 496 aziende agricole che lavoravano in 3.787 ettari, circa il 90% del territorio comunale. Dagli estratti della foto aerea precedente si può notare la fitta trama del mosaico paesaggistico prodotto dalle coltivazioni agrarie tradizionali e dal tipico appoderamento mezzadrile. Un assetto socio-culturale ormai entrato in crisi e che produrrà l’abbandono della campagna, nel 1971 resta il 7% ancora attivo in agricoltura, e una conseguente spinta ad urbanizzarsi. Gli ambiti territoriali che accoglieranno queste nuove urbanizzazioni saranno soprattutto quelli lungo il Mugnone e lungo l’Arno, che nelle foto sottostanti vediamo prima delle trasforrmazioni.
È questo il momento nel quale si programma la formazione del nuovo piano regolatore. Nell’estate del 1960 il Consiglio comunale decide di indire un concorso nazionale e il 16 luglio del 1961 esce il bando per il “Concorso di idee e d’impostazione per il Piano Regolatore Generale”. Entro la scadenza, ravvicinata nonostante la proroga al 20 dicembre 1961, arrivano otto progetti e il 14 maggio del 1962 la commissione giudicatrice, composta da 16 membri con famosi architetti e rappresentanti delle istituzioni, comincia i lavori che finiranno il 12 dicembre del 1962 con una graduatoria ma senza vincitori. È interessante notare che, svolti gli adempimenti burocratici, nella prima riunione che entra nel merito l’architetto Alfio Susini, rappresentante del Ministero dei lavori pubblici, mette in evidenza la qualità del paesaggio fiesolano, che diventa occasione per l’architetto Guido Morozzi, rappresentante della Soprintendenza, di annunciare che la settimana precedente (giugno 1962) è stato apposto un vincolo paesaggistico che, insieme a quello del 1951, va a coprire quasi interamente il territorio fiesolano. “Almeno si poteva aspettare l’esito del concorso e il Piano” è il commento degli architetti in commissione, ma il Sindaco Giovanni Ignesti chiude la discussione assicurando che il vincolo è stato esteso proprio in funzione di tutela e di aiuto del futuro piano regolatore e non per limitarne la portata. I professori Giovanni Michelucci e Leonardo Ricci, Guido Morozzi e l’architetto Ivo Lambertini, rappresentante del Provveditorato alle opere pubbliche della Toscana, incaricati come sottocommissione di valutare i progetti, propongono una graduatoria ma ritengono che nessun progetto debba esere il vincitore, non avendo caratteristiche sufficienti per servire di base ad un progetto definitivo. Al primo classificato andrebbe infatti l’incarico del PRG. Si apre una discussione nell’intera Commissione, alla fine della quale si ritiene opportuno, per rispettare il bando, di mantenere la graduatoria proposta (S.B.M, Colle Lunato, Quota 702) ma di non assegnare il primo premio. A questo punto si aprono le buste e il primo risulta essere –forse a sorpresa- il gruppo dell’ingegnere Valdemaro Barbetta, più noto allora per essere un ingranaggio di interessi immobiliari speculativi (Città Giardino a Viareggio, Migliarino, Punta Ala) e del prof. Bruno Martini, seguito dal gruppo dell’arch. Francesco Brunelli, ing. Leonardo Lugli, ing. Giannino Veronesi, terzo gruppo arch. Giorgio Benucci, arch. Sofia Guerra. Nell’aprire le buste emerge però sia per il primo che il per il secondo gruppo una documentazione incompleta rispetto a quanto richiesto nel Bando e dunque la Commissione, forte anche del parere della sottocommissione dei professori, assegna solo il terzo premio e delibera ad unanimità:
1) Di suggerire all’Amministrazione Comunale di non affidare l’incarico per la formazione del Piano regolatore;
2) Di proporre di corrispondere ai primi due gruppi in graduatoria dei rimborsi a titolo di riconoscimento del lavoro svolto, senza ulteriori impegni;
3) Di proporre di liquidare l’importo del terzo premio agli autori del progetto Quota 702.
Naturalmente seguono ricorsi e una lunga controversia legale sull'esito del bando, fino a quando il 5 Ottobre 1964 viene affidato l'incarico della redazione del PRG ad entrambi i gruppi che erano risultati in testa alla graduatoria.
Nel frattempo il territorio ha continuato la sua evoluzione, affidato in sostanza al controllo del vincolo paesaggistico e, nella tavola sotto a sinistra, originale in scala 1:10.000, si vede la situazione alla fine degli anni sessanta, con indicati in rosso i principali insediamenti storici, dedotti dal confronto cartografico con le tavole precedenti. Si può notare, in nero, che stanno già prendendo corpo gli insediamenti a nord di Fiesole lungo il Mugnone, la strada e la ferrovia Faentina (Pian del Mugnone e Caldine), e quelli lungo l’Arno, dal Girone a Compiobbi, parti del sistema insediativo/ambientale che da Firenze arriva a Pontassieve.
Qui si cala il PRG progettato dai professionisti emersi dal concorso e riuniti insieme (ing. Valdemaro Barbetta, arch. Franco Brunelli, ing. Leonardo Lugli e ing. Giannino Veronesi) che viene adottato dal Consiglio comunale il 21 marzo 1968, a destra nella tavola sottostante. Un piano che nasce superato, in quanto dopo neanche due settimane, il 2 aprile del 1968 esce il DM 1444 del 1968 che indica le zone funzionali da definire, i limiti di edificabilità, gli spazi pubblici minimi per abitante insediabile, distanze, altezze e altri aspetti non presi in considerazione dal piano adottato, che invece manteneva il linguaggio tecnico del Manuale dell’Architetto dei primi anni ‘50. Ma soprattutto il piano scatenò una grande polemica per le proposte che vi erano contenute.
La polemica partì quasi all’improvviso, quando stava per scadere il tempo delle osservazioni, e prese le mosse dal Convegno promosso il 28 settembre 1968 dal circolo di cultura Firenze al Palazzo dei Congressi, vedi il volantino sotto riprodotto, che vide in particolare protagonisti Edoardo Detti, Riccardo Gizdulich, Giovanni Ferrara e raggiunse una platea nazionale con interventi di Antonio Cederna e altri in vari quotidiani. La prima critica che veniva avanzata era quella di un mancato riconoscimento dei beni architettonici, culturali e del valore del patrimonio rurale, critica che restava in sordina rispetto a quella di una crescita abnorme che avrebbe portato la popolazione a 40.000 abitanti (si faceva l’esempio di una Viareggio nelle colline fiorentine) con un aumento di circa 28.000 abitanti e un totale di 5.000.000 di metri cubi di nuova edificazione. Nelle zone definite di saturazione l’indice proposto era molto alto, 4 mc/mq per un’altezza di 13 metri, e subito si notò che si sarebbero visti i palazzi dei Viali fiorentini in collina. Le previsioni più vistose erano però quelle dei nuovi nuclei residenziali individuati in collina, chiamati i coaguli residenziali, in zone semiestensive (indice 1,5 mc/mq in rosso mattone nella tavola sopra) o in zone estensive (indice 1 mc/mq in giallo nella tavola sopra) che andavano a collocarsi in aree di pregio paesaggistico. Oltre alla scelta urbanistica sbagliata, l’accusa fu quella di avere seguito le spinte di interessi immobiliari di privati, bollando il piano come una somma di decisioni private, rilievo molto pesante in tempi ben lontani dall’urbanistica contrattata e fai da te attuale. In effetti nel libro prima citato di Gorelli, nelle schede di Camilla Perrone, si registrano ben 24 lottizzazioni presentate da privati durante la progettazione del piano, delle quali 9 vengono considerate in parte o in tutto nel piano adottato. Per questo i progettisti respingono l’accusa, ritenendo anzi un merito quello di avere saputo gestire la grande mole di domande e interessi. Molto scalpore anche per la previsione di una zona alberghiera di 22 ettari sotto Monte Ceceri (indice 4 mc/mq per 13 metri d’altezza in viola nella tavola sopra) che potenzialmente creava 2.432 posti letto, e per i centri comunitari, non ben definiti ma che comunque avevano sempre lo stesso indice molto elevato di 4 mc/mq (in azzurro nella tavola sopra). Infine si notava la totale assenza di coordinamento con i piani limitrofi e soprattutto con Firenze, partendo dal tema infrastrutturale, per cui il territorio comunale veniva riempito di nuove strade (in rosso nella tavola sopra) senza legami con la rete, con una funzione non tanto trasportistica quanto d’impianto per le varie lottizzazioni, completando lo scempio del territorio. In questo caso i progettisti utilizzano a propria difesa l’argomento della mancanza di un quadro intercomunale, al quale si erano sostituiti cercando di interpretare e di dare risposte a domande, soprattutto residenziali, che venivano dal capoluogo. Ma che il vento stesse rapidamente cambiando lo suggerisce allora un trafiletto dell’Unità, nel quale si avverte solo che il compagno architetto Sozzi e il compagno Elio Gabuggiani, presidente della Provincia, hanno richiesto l’immediata convocazione del comitato per il Piano intercomunale, che non si riuniva da mesi per beghe politiche, per discutere del piano di Fiesole. Certo non andava giù la peggiore delle accuse, che un Sindaco comunista fosse come tutti gli altri. Avviata la riflessione l'Amministrazione invitò i progettisti ad una profonda revisione del Piano.
In uno degli articoli che al tempo seguivano i fatti, Wanda Lattes nota che Morozzi e Michelucci “sono scesi, in certo modo, in difesa del piano”. I due architetti erano membri esterni della Commissione urbanistica consiliare incaricata di seguire il lavoro dei progettisti del Piano. L’architetto Morozzi, intervistato dai giornali, assicura che la Soprintendenza garantirà la conservazione del paesaggio, mentre Michelucci coglie l’occasione per alcune riflessioni su città e urbanistica, pubblicate nel 1969: “A proposito di una polemica sul piano regolatore di Fiesole” Edizioni di vita sociale, Pistoia, 1969, dalle quali emerge una posizione fuori dai cori. Michelucci concorda sul principio di difendere il paesaggio a condizione che non venga escluso dalle manifestazioni della vita, fra le quali ci sono anche l’abitare e il muoversi e distingue fra l’aggressione della speculazione e l’inserimento nella natura di ciò che serve alla comunità. Fa quindi l’esempio di Perugia, Orvieto, Assisi, ribadendo che il valore di quelle colline è dato dalle muraglie urbane, altrimenti nessuno guarderebbe quel paesaggio. Con gli occhi odierni, pensando al Pasolini che nel 1974 illustra la forma urbana di Orte (www.youtube.com/watch?v=btJ-EoJxwr4) e l’unità armoniosa con il proprio territorio con cui forma un biotopo in equilibrio che deve essere difeso, può venire qualche dubbio sulle affermazioni precedenti, ma andando avanti il discorso si chiarisce. Michelucci prosegue per paradosso. Se l’arte di costruire la città, con la quale sono state realizzate quelle degli esempi in armonia con il proprio ambiente di riferimento, fosse viva, non ci sarebbe pericolo per il paesaggio. Siccome si è persa allora non ci resta altro che spingere le persone in zone dove nessuno vorrebbe abitare, in buca, nelle zone depresse (umide) come quelle di San Bartolo, le Piagge, Cintoia, Mantignano. A Novoli dove si è costruita una nuova città pianificata, il risultato è quello di un agglomerato inospitale, del quale non si percepisce per nulla il disegno e la qualità ambientale. Come mai? Per colpa della proprietà privata dei suoli che ha imposto un disegno che corrispondeva agli interessi dei pochi e non ad uno generale. Quindi prima di accanirsi con il Piano di Fiesole (il riferimento -senza nominarlo- è chiaramente a Detti), dove in fine dei conti si pensava di fare stare le persone in bei posti, si pensi a fare la nuova legge sul regime dei suoli, unica vera garanzia per una buona pianificazione. Di conseguenza nemmeno la buona architettura, come ci si aspetterebbe da un architetto celebre, è la soluzione. La forma urbana dove tutti gli interessi si armonizzano, compreso quello del paesaggio, non può nascere che da una collaborazione corale di uomini di ogni categoria sociale, umanamente, civilmente, politicamente protesi alla sua edificazione. Una visione ideale, disurbanista (ispirata anche dall’allora recente e ancora attuale libro dello psicologo A. Mitscherlich, “Il feticcio urbano”, più volte citato nel testo: “il feticcio urbano è la proprietà privata dei terreni, il tabù dei rapporti di proprietà che nessuno ha osato toccare e che produce la città inabitabile, istigatrice di discordia”) dove l’uomo non è una costante da tenere presente nei calcoli, ma il fine, in quanto essere vivente, per il quale costruire una società armoniosa e realizzare l’opera d’arte collettiva. Ragionamento che consente al Sindaco Latini, in una lettera messa in premessa, di rilanciare il tema della riforma del sistema con l’azione politica.
Nel frattempo i progettisti continuavano il loro lavoro di revisione e 1l 16 luglio del 1971 viene revocato il PRG delle polemiche e adottata una nuova versione che ebbe 114 osservazioni. Un anno dopo il 17 luglio 1972 viene incaricato il solo arch. Franco Brunelli di redigere la versione definitiva che viene adottata il 22 dicembre del 1972 e inviata alla Regione per l’approvazione, versione riprodotta nella tavola successiva, estratta dal mosaico intercomunale dei Piani. Nel marzo del 1974 la Regione esprime parere favorevole con proposte di stralci e modifiche che vengono fatti propri dall’Amministrazione comunale e l’11 dicembre del 1974 il primo Piano Regolatore Generale di Fiesole viene approvato dalla Regione. Abbiamo tre ulteriori stesure del piano, ma seguiremo solo quella approvata.
La prima cosa che cambia è il quadro conoscitivo, multidisciplinare e più centrato sul riconoscimento del patrimonio territoriale e dei temi ambientali. Le ricerche storiche, gli studi paesaggistici basati su coni visuali, gli studi geologici e geomorfologici del dott. Lazzeri, quelli socio-economici con l’approfondimento del tema dell’agricoltura e del suo abbandono, la ripresa del quadro intercomunale, forniscono tutti una cornice aggiornata e adeguata per una progettazione più attenta e calibrata alle reali esigenze. Il Piano cambia linguaggio e si adegua all’urbanistica funzionalista del D.M 1444/1968 con l’abbattimento totale degli indici edilizi e il forte ridimensionamento delle quantità edificabili, la cancellazione delle lottizzazioni sparse nel territorio e di molte nuove viabilità, soprattutto quelle panoramiche nei boschi. Importante è la scelta di consentire gli interventi di espansione solo con interventi pubblici (Piani di edilizia economica e popolare, PEEP) per dare una casa a prezzo contenuto a chi abbandonava la campagna e, nello stesso tempo, per controllare il disegno della città. Il piano approvato contiene previsioni di nuova edilizia pari al 10% di quelle contenute nel 1968. La nuova popolazione prevista passa dai 28.000 a 5.000 abitanti, ma se si usano i medesimi parametri del piano del 1968, i nuovi abitanti insediabili sono ora 2948. Decisivo è stato il ruolo della Regione, soprattutto nel favorire un sostanziale blocco delle attività edilizie nelle aree extraurbane, imponendo un momento di riflessione per decidere quale agricoltura e come riconvertire i casolari e il patrimonio edilizio rurale. Ha probabilmente chiaro –la Regione- che lo strumento Piano regolatore è fatto per regolare la crescita edilizia, la trasformazione d’uso dei suoli o la loro conservazione: intanto si protegge, poi saranno altri gli strumenti più specifici con i quali si potrà governare il territorio rurale. Una scelta giusta ma che rivelerà i suoi limiti in quanto una buona parte del patrimonio edilizio rurale, nel frattempo venduto dai contadini e abbandonato, cominciò presto a dare segni di rovina, per cui si dovette pensare la variante del 1984 (Nuzzo/Di Pietro). È la Commissione regionale tecnico amministrativa (CRTA) che gestisce questa operazione, proponendo integrazioni e stralci al piano preparato dal Comune. Viene riscritto l’articolo relativo alle zone A storiche, estendendo il concetto tipico della città, alle parti collinari più ricche di valori storici e ambientali (è individuata la zone A2 Agricola a vincolo speciale storico-ambientale, e la zone A3 Agricola a vincolo speciale di particolare pregio ambientale), per le quali viene introdotto (e definito) il restauro scientifico o consentita la sola ristrutturazione entro la sagoma degli edifici. Viene di conseguenza inserito in cartografia e in normativa un elenco di 156 fabbricati di pregio da tutelare. Nelle zone A2 viene vietato il cambio di destinazione d’uso di case coloniche, fienili, serre, mentre in zona A3 il cambio di destinazione viene ammesso solo dopo un piano zonale di ristrutturazione agraria di iniziativa regionale. Nelle altre zone agricole E1, E2, le destinazioni e il cambio d’uso sono determinate da piani particolareggiati e da piani zonali di sviluppo dell’agricoltura. Infine viene inserita l’area archeologica. Gli stralci principali riguardano il PEEP a Fiesole est, l’ulteriore riduzione di lotti edificabili sparsi e di alcune viabilità. Le prescrizioni vengono fatte proprie dal Consiglio comunale con senso di disciplina, anche se nel dibattito si alza qualche voce che richiama l’autonomia comunale. Le preoccupazioni maggiori sono per il taglio dell’area di PEEP di Fiesole est, per cui si paventa una possibile sostituzione sociale dei residenti costretti ad andare nelle frazioni, e per come gestire il tema dell’abbandono dell’agricoltura: un dibattito da rileggere con attenzione, sia per qualità degli interventi, che rappresentano con lucidità la realtà sociale e territoriale, che per la precisione della trascrizione, oggi impensabile. Nella tabella sottostante, allegata alle norme tecniche del piano approvato, si leggono in sintesi i dati sostanziali del piano.
Con l’approvazione del piano termina la presa di coscienza: è il momento d’impostare il lavoro amministrativo necessario per affrontare i temi irrisolti e quelli in evoluzione. L’occasione è data dalle elezioni del 1975, da cui il secondo mandato di Latini sindaco. Si tira un bilancio dell’esperienza vissuta e si pensa al programma di lavoro, pubblicato in Fiesole Democratica, a cura del PCI. Per prima cosa si analizzano gli obiettivi raggiunti con il nuovo Piano regolatore, che sono sintetizzati in tre punti fondamentali:
1) la tutela come bene della collettività del patrimonio agricolo, ambientale, storico-artistico di Fiesole e delle sue colline;
2) lo sviluppo urbanistico di Fiesole e delle sue frazioni affidato esclusivamente alla mano pubblica con l’identificazione delle zone di espansione con le aree di 167;
3) il raddoppio delle quantità minime di spazi pubblici, verde attrezzato, parcheggi, attività collettive, rispetto ai minimi previsti per legge.
Il secondo tema affrontato, proprio per evitare l’esperienza di un piano non condiviso, sta nel favorire la maggiore partecipazione dei cittadini (siamo anche nell’epoca della terza via da raggiungere con la diffusione della democrazia) e nel costruire rapporti istituzionali con i nuovi qualificati interlocutori: la Regione, la Comunità montana, e il Comprensorio, il nuovo organismo intermedio di pianificazione allora in discussione, ma che in Toscana non fu attivato, preferendo poi le Associazioni intercomunali.
Infine si considera il Piano come campo d’azione amministrativa. Un punto di vista avanzato in quanto si pensa la pianificazione come un’attività ordinaria e non episodica, e talvolta lacerante, come in altre realtà comunali dove, approvato il piano, per trent’anni non si tocca più l’argomento. Si imposta invece una visione strategica che richiama il governo del territorio codificato dalle odierne leggi regionali. Per le aree extraurbane gli obiettivi programmati sono:
a) il Piano zonale di sviluppo agricolo e i piani particolareggiati legati all’attività agricola;
b) la salvaguardia del patrimonio edilizio, infrastrutturale, naturalistico in funzione delle sistemazioni d’uso produttive e residenziali;
c) la formazione del sistema dei parchi e dei servizi sovra comunali per la cultura, lo sport, il turismo, la scuola, il tempo libero.
Per le aree urbanizzate si ipotizza:
a) il piano particolareggiato per il centro storico di Fiesole;
b) i piani di ristrutturazione e risanamento organico ed unitario per particolari ambiti (oggi si direbbe piani di rigenerazione urbana)
c) i piani attuativi per l’edilizia economica e popolare, che saranno realizzati ospitando 2.500 abitanti dei quali, si calcola nel libro di Gorelli, almeno 1.800 fiesolani che hanno trovato una risposta ai problemi della casa.
Con questo documento, che ha offerto un quadro di riferimento per obiettivi chiari e che verrà attuato nel tempo con gli strumenti proposti e aggiornati dalle varie leggi regionali e dall’evoluzione socio-economica e culturale della società, si chiude una fase e anche.... l’intervento. Le ultime immagini sono dedicate al confronto fra lo stato del territorio nel 1960 con quello attuale: una sostanziale continuità che oggi ha bisogno di un progetto che ponga al centro dell’attenzione il tema della manutenzione.