Il Parco regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli nel 2016

Di tre livelli sono i temi da affrontare subito per il Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli: la visione strategica, specifici aspetti territoriali, i problemi dell’Ente.

1) La visione strategica

È necessario rilanciare un’idea del Parco che vada oltre la mera conservazione e contribuisca a consolidare e diffondere obiettivi culturali ed economici chiari. Non si tratta di ricominciare tutto da capo; piuttosto di portare avanti, con i dovuti aggiornamenti, esperienze consolidate, nel bene e nel male, in oltre 30 anni, assicurando continuità alla gestione di un parco regionale che rappresenta un’ormai affermata presenza nel quadro nazionale e regionale.

Il parco è attualmente una componente essenziale del “sistema” toscano delle aree protette ed in tale contesto privilegiato intende riconoscersi chiedendo il prioritario coordinamento di tutte le politiche regionali - territorio ed ambiente, ma anche cultura, turismo, agricoltura e foreste - per la definizione di progetti ed il reperimento di risorse comunitarie, statali, regionali, per investimenti privilegiati, a terra e a mare, nei perimetri sottoposti al regime speciale sancito dalla legge quadro nazionale e da direttive internazionali.

1.1) Motore dell’area metropolitana. In anni recenti il Parco si è molto concentrato sulla gestione di San Rossore, trascurando che l’eccezionalità della propria presenza sta proprio nell’essere il cuore e il motore di un’area urbanizzata che va da Viareggio, a Pisa, a Livorno. Si è parlato addirittura di un’area metropolitana, cosa forse giusta se pensiamo non tanto alla dimensione (metro), quanto alla funzione di mater, insita nel termine metropolitano (mater-polis): madre di città -Viareggio, Massarosa, Vecchiano, San Giuliano, Pisa e Livorno- che acquisiscono un valore e un significato speciale proprio perché connesse da un territorio pensato come un parco. Un lusso quindi che le comunità si permettono (nei parchi vivono i ricchi), e che rappresenta un certificato di qualità, svolgendo un grande ruolo di comunicazione sociale. Un territorio a parco rappresenta un elemento di riferimento assoluto nella rete mondiale. Dimostra che le Comunità che lo hanno voluto tengono la qualità al centro della propria attenzione. Rappresenta la capacità delle comunità stesse di fare scienza, cultura, economia, alimentazione, commercio, salute, industria. Il Parco ha anche un’altra caratteristica: quella di creare invidia in chi non ce l’ha. Dunque il Parco si salva non rinchiudendosi in un’oasi assediata. Piuttosto con la sua capacità di esportare una visione al di fuori dei propri confini, insieme alle comunità che ci vivono e che lo devono sentire proprio, orgogliose della eccezionalità dei propri luoghi, anche quando mostrano segni di degrado. Le città e i territori sono fatti dalla natura e dalle convinzioni umane, ma quest’ultime hanno molto più peso. Il Parco dunque è un’opportunità, un valore aggiunto e non un vincolo vuoto.

1.2) Il Parco della natura e della storia. Un parco all’interno di un’area metropolitana non può che essere fatto di natura e di storia. È costituito da monumenti naturali, (boschi, lame, cotoni, dune, aree umide) distanti uno dall’altro ma strettamente connessi da un territorio che valorizza queste oasi inserendole al centro di un proprio contesto di riferimento, valorizzandoli e facendone comprendere il significato globale. Elementi peculiari uniti da una storia comune che è la storia secolare delle comunità che ne hanno garantito la formazione, l’uso e la loro conservazione. Un Parco quindi nel quale ci si stupisce e ci si istruisce. Ci si stupisce della meraviglia della natura che c’è e di quella da rigenerare e restaurare e ci si istruisce con la storia dei luoghi, resi unici dagli usi e dalla cultura delle comunità che li vivono.

1.3) Il Parco delle Tenute e delle Fattorie e il Parco delle Acque.  Per questo è il Parco delle Tenute e delle Fattorie, sulla base delle quali furono disegnati i confini attuali, modificati rispetto alla legge istitutiva. Tenute e fattorie che già nel XV° secolo hanno cominciato a formarsi: la tenuta di San Rossore, la tenuta di Coltano, la tenuta di Migliarino, la fattoria di Vecchiano, la tenuta Borbone, la tenuta di Arnovecchio, la tenuta di Tombolo. Si sono evolute fino ai nostri giorni con vicende particolari e comuni, consegnandoci monumenti edilizi e naturali, una cultura e un’arte di stare sul territorio che non dobbiamo perdere, ma studiare e riuscire a valorizzare. Il Parco si salva non con i divieti, ma con l’organizzazione. E l’organizzazione era ed è pensata in modo da conoscere le Tenute, la storia e la natura che le caratterizza: ingressi, percorsi, centri visita, musei, ristori, foresterie, osservatori, centri biciclette, centri canoe, sono le strutture che avrebbero dovuto e dovranno costituire i riferimenti, i luoghi ricettivi e organizzativi del Parco, capaci di delineare un’economia propria, integrativa di quella presente sul territorio. Oltre al parco delle Tenute è anche il Parco delle Acque. È possibile visitare l’intero territorio del Parco per giorni con una canoa da diporto o un barchino. Si può partire dal Quartiere Apuania in città, a Viareggio, e risalire la Burlamacca fino alle Quindici. Qui si capisce cosa voleva dire Mario Tobino con l’espressione Viareggio più bella dell’oriente: sembra di essere nel Vietnam. Si risale fino al lago, lungo i vari canali, le bilance e il falasco e si possono vedere le sponde pucciniane, Torre del Lago e Massaciuccoli, le dimore che vi si affacciano. Da qui si entra nella Barra-Barretta e si scende verso il Serchio, nel territorio di Vecchiano, con sosta da Menotti per rifocillarsi. Il Serchio è un fiume bellissimo, naturale, che può essere navigato fino alla Bocca (Ecco la sabbia tra i ginepri rari / vergine d’orme come nei deserti...), vedere San Rossore dal mare ed entrare in Arno. Si va verso Pisa oppure si sceglie il Canale dei Navicelli che ci porta fino al Calambrone dove molte ancora sono le alternative. Un’esperienza unica e anche filosofica perché ci fa capire che vedere le stesse cose da un diverso punto di vista è molto innovativo e che le nuove frontiere sono anche quelle sotto casa.

1.4) Il progetto della manutenzione. Il Parco si attua realizzando questo disegno scritto nella natura e nella storia di questi luoghi, ma ha bisogno di partire da una rivoluzione culturale. Progetto non deve più significare trasformazione, come comunemente si crede, ma il progetto è quello della manutenzione, della rigenerazione e del restauro del territorio. Un tempo la manutenzione era il lavoro di tutti i giorni. Le persone si alzavano e andavano nei campi, nei boschi, nei paduli a lavorare, secondo una propria cultura consolidata: arte di stare sul territorio e capacità di convivere con i caratteri naturali. In questo modo si è prodotto un paesaggio che possiamo ritrovare nelle foto degli anni 50, solo in parte conservato, costituito da un fitto mosaico di tessere paesaggistiche che hanno determinato la qualità di questi luoghi. Per l’evoluzione dei tempi, tutto ciò oggi non avviene più e molti sono i segni dell’abbandono. La manutenzione diventa allora un’operazione necessaria, da studiare, per imparare tecniche e usi da tramandare. Un progetto da attuare giorno per giorno, tanto semplice da non riuscirsi a fare e per questo rivoluzionario. Il progetto quindi diventa anche descrizione, conoscenza e interpretazione creativa dello stato attuale dei luoghi.

1.5) Il ruolo delle comunità.  Questo progetto non può attuarlo il parco da solo o la pubblica amministrazione, ma si può realizzare solo se le comunità che vivono, lavorano, si svagano in questo territorio, credono nei valori profondi che sono contenuti nell’idea di parco e lo sentono proprio, contribuendo alla sua manutenzione e diventandone i primi protagonisti attivi. Ecco che prende significato l’espressione non un parco dei divieti, ma un parco dell’organizzazione. È incredibile constatare anche come sia trattato male il Parco. In uno dei posti più belli e rari, (purtroppo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare), le dune della Bufalina, ogni cespuglio è una discarica. Non un parco dei divieti, ma nemmeno un parco dove ognuno fa come gli pare. È necessario distinguere fra comunità locali e utenti che usano il Parco in modo distruttivo o che ne sfruttano malamente la condizione di luoghi appartati. È una delle contraddizioni che ci troviamo di fronte: superare l’idea di un parco che dice sempre no, ma anche organizzare un parco che tutela il proprio territorio. Da qui è sembrato importante mettere a fuoco il ruolo delle guardie del parco.

1.6) Il ruolo aggiornato dei Guardiaparco. I Guardiaparco rappresentano il primo impatto dell’Ente con i cittadini e spesso le opinioni che si formano sono legate ad esso. Per questo, per attuare il disegno strategico prima indicato, è importante definire indirizzi tali da fare prevalere la funzione di educazione e sorveglianza rispetto alle attività di repressione. Gli obiettivi, elaborati in accordo con gli stessi, sono i seguenti:

-recupero e sviluppo della tutela specifica dei riferimenti strutturali, ambientali e infrastrutturali che caratterizzano le Tenute e le Fattorie, in particolare concretizzando forme di collaborazione con i soggetti, associati o singoli, che, anche attraverso forme organizzate di gestione delle attività e delle strutture, utilizzino il parco come “valore” specifico, quindi da difendere;

-elaborazione e svolgimento di iniziative di educazione ambientale che, attraverso un preliminare recupero delle proprie conoscenze, siano tradotte in attività specifiche per raggiungere gli obiettivi prima esposti;

-priorità alle attività che contribuiscono alla soluzione di problemi patiti dalla collettività del Parco, quali il degrado ambientale e la insicurezza dei fruitori (per esempio, ampliando il controllo dell’abbandono di rifiuti o di forme d’inquinamento ambientale);

-nel controllo del territorio prevenire la trasformazione d’uso dei suoli e delle acque intervenendo prioritariamente sulle modifiche illecite degli ambienti naturali e sui caratteri paesaggistici;

-particolare e costante prevenzione e tutela delle riserve naturali e di tutti gli ambienti non urbanizzati; specifica priorità dovranno avere le aree boschive (anche in riferimento all’attività antincendio), le aree umide, le configurazioni paesaggistiche costiere (comprese le dune sabbiose) e agricole.

2) Specifici temi territoriali

Sulla base di primi incontri effettuati con le amministrazioni comunali, associazioni di categoria, gruppi organizzati vari e cittadini, sono emersi alcuni temi territoriali, articolati e complessi, da affrontare in via prioritaria: il tema della prima fascia costiera, l’Arno, il lago e il padule del Massaciuccoli, l’assetto boschivo.

2.1 La prima fascia costiera. In questa fascia si ritrovano temi di importanza ambientale, paesaggistica e di assetto insediativo. Il primo è quello della qualità delle acque e del mare, considerando anche che la Riserva naturale marina delle Secche della Meloria fa parte del Parco. La qualità delle acque deve essere monitorata e garantita partendo da un’azione di stimolo nei confronti delle attività e delle città che, fuori dal Parco, inviano i propri scarichi non depurati nel territorio del Parco e in mare. Come si diceva il Parco si salva anche influenzando le attività esterne ad esso. Per questo si deve collaborare con le istituzioni territoriali per sollecitare chi dovrebbe finanziare gli interventi di qualificazione delle infrastrutture.

Il secondo tema è quello degli stabilimenti balneari e dell’uso sociale delle spiagge, per cui è opportuno verificare ed eventualmente rivedere il sistema delle regole dei bagni, semplificandole partendo da chiari obiettivi di tutela, in modo che sia garantito il lavoro, qualificata l’accoglienza turistica, rispettate le caratteristiche  dei luoghi e la loro pulizia.  In questo quadro già è stato svolto un lavoro importante, in accordo con i comuni di Vecchiano e San Giuliano Terme, per la fruizione di Bocca di Serchio. Attraverso assemblee e incontri con i residenti che si sono impegnati nella pulizia e in un controllo dei luoghi, si è definita la realizzazione regolamentata degli approdi dei barchini e le modalità di accesso alle spiagge. Un primo modello di rapporto con le comunità da migliorare e portare avanti anche in relazione alla massiccia utenza domenicale e di chi ha un approccio poco attento alle ragioni del Parco.

Infine altro tema relativo alle spiagge  è quello dell’erosione  ancora piuttosto attiva nel litorale pisano con punte proprio nel tratto che va da San Rossore  fino alla Marina di Vecchiano. Le ancora ambientalmente prestigiose Lame di fuori, dove nel salso strame, fra le brune giuncaie oziano a branchi le cavalle baie e saure di San Rossore, che D’Annunzio vedeva da Marina di Pisa, sono in parte un ricordo letterario, essendo la linea di costa in quel punto arretrata di qualche centinaio di metri. La previsione di una diga foranea protesa in mare per quasi due chilometri, a stretto contatto con il Calambrone, a protezione della nuova darsena Europa a Livorno, desta un qualche allarme. Segno della complessità dei tempi: uno sviluppo dove il progetto è quello della trasformazione, accanto ad uno dove il progetto è quello della manutenzione. È nostro compito portare un contributo con il quale si riescano ad armonizzare le diverse esigenze e gli interventi di trasformazione siano occasione per invertire la tendenza erosiva, anche attraverso la messa in opera di attività sperimentali in grado di garantire un ripascimento della costa sabbiosa e un ripopolamento della fauna ittica.

2.2 L’Arno. Collegato a quello precedente, ma con una sua forte specificità è il tema dell’Arno, con motivi ambientali, culturali ed economici. Qualità delle acque, tradizioni culturali profonde con le attività produttive e sportive svolte lungo il suo corso, ma anche navigabilità: dagli storici navicelli ai mezzi più recenti.

Un museo a cielo aperto, (come indicato in un recente convegno alla sala Gronchi di Cascine vecchie) ma anche da collocare in qualche edificio partendo dalle riflessioni in occasione del cinquantenario delle alluvioni del 1966. Anche un luogo ricco di attività economiche e di insediamenti in golena, che devono essere garantite in modo qualificato e bene inserito nel quadro paesaggistico, secondo le esigenze dettate dagli standard odierni. Su queste è già stato fatto un lavoro amministrativo, ma ora si tratta di garantire l’attuazione degli interventi di riqualificazione.

La golena termina nel nuovo porto di Marina di Pisa, un’opera a suo tempo discussa, ma realizzata con notevole impegno per il migliore inserimento paesaggistico e ambientale. Oggi deve funzionare e svolgere il proprio ruolo nel migliore dei modi, per cui devono essere ricercate tutte le sinergie con le attività circostanti in modo da garantire la migliore qualità del paesaggio, dell’ambiente e dei servizi offerti.

2.3. Il tema del lago. Il terzo tema da approfondire in via prioritaria è quello del lago di Massaciuccoli e delle aree palustri. Anche in questo caso si ha il problema della qualità delle acque, che sembrano migliorare per motivi naturali, indotti dal cambio delle condizioni climatiche. Una serie di segnali portano indicazioni positive, ma certo non escludono di continuare un’attività di valutazione e di ricerca di soluzioni che garantiscano la qualità, senza perseguire progetti faraonici costosi e di esito non certo. Meglio sarebbe spostare eventuali risorse disponibili al completamento della rete fognaria di località che si affacciano sul lago. Il lago è un luogo di eccezionale importanza storica, paesaggistica e ambientale. Sono gli ambienti di Puccini, ma soprattutto sono luoghi di comunità che hanno costruito una civiltà (documentata per esempio dalle foto Alinari) e un sistema di attività che devono essere studiate e possibilmente recuperate. Diventa quindi importante trovare il modo di recuperare una tradizione del falasco, delle canne, di metodi costruttivi usati per realizzare bilance, barchini e il loro ricovero e altre strutture tipiche del paesaggio del lago. Un corto circuito fra Enti: Soprintendenza, Autorità di bacino, Comuni, Parco ha reso molto difficile il loro recupero. È quindi necessario superare questi aspetti e tramite un sistema di regole semplici e di esempi su come fare gli interventi, trovare il modo di recuperare la presenza di manufatti tradizionali. Il lago è anche un luogo di eccellenza, con la riserva del Chiarone gestita dalla Lipu, e con il porto di Massaciuccoli dove si impegnano la Pro loco e altre organizzazioni di cittadini, con i quali è necessario discutere i temi del lago. Altre attività veliche e di canoa fanno riferimento al porticciolo di Torre del Lago, dove è importante realizzare un nuovo punto informativo del Parco, dal quale partire per organizzare il circuito delle acque come indicato nella precedente parte strategica.

2.4 I Boschi. Con la crisi economica e gli attacchi portati da più parassiti soprattutto ai pini, si sono visti interventi che hanno modificato paesaggi importanti del Parco. È urgente una riflessione con la quale si tengano insieme le ragioni di una selvicoltura a carattere produttivo con quelli della conservazione degli habitat e delle vedute paesaggistiche, che contribuiscono alla identità e alla riconoscibilità dei luoghi. Nel caso di conflitto deve prevalere il tema della salvaguardia ambientale e paesaggistica, dando corpo al concetto di patrimonio enunciato nella legge regionale 65/2014, rispetto a quello di una risorsa che produce un immediato guadagno. È giusto porsi la domanda di quanto vale l’aria pulita, o potere passeggiare, riflettere, contemplare una cattedrale boschiva, rispetto al prezzo (200 euro) di un pino stramazzato.

3) I problemi dell’Ente

Numerosi sono i problemi dell’Ente ma tre sono quelli da affrontare in via prioritaria.

3.1) La gestione finanziaria. Come noto l’Ente sta riemergendo da una stagione difficile culminata nel commissariamento della gestione finanziaria. Siamo ora impegnati nel passaggio dalla gestione finanziaria ad una economico-patrimoniale, come previsto dalle leggi regionali. È in corso la redazione dei consuntivi 2014 e 2015 secondo questo nuovo metodo. Nel 2016 quindi l’obiettivo è ritornare ad un corretto regime finanziario, cosa che sarà possibile anche inserendo fra i collaboratori una figura professionale di sicuro affidamento per capacità ed esperienza, che sia in grado di garantire la correttezza delle procedure e la formazione di capacità professionali in grado di svolgere tale ruolo in futuro.

3.2 Il sistema delle regole. La legge regionale 30/2015 indica che il Parco deve fare il nuovo Piano integrato, che dovrebbe sostituire il Piano territoriale di coordinamento, ormai datato 1989, ma anche cambiare il Regolamento d’uso e lo Statuto, per adeguarlo alle nuove disposizioni normative. Una vera emergenza sono però i Piani di Gestione, gli strumenti con i quali si governa il territorio. Realizzati in epoche varie, con stili non sempre omogenei, diversi riferimenti normativi, sono complicati da più varianti, per cui sono di difficile lettura e talvolta interpretazione non univoca. Ci possiamo trovare nella stranezza che a poca distanza su edifici simili si applichino norme diverse o che siano ancora in vigore, in quanto mai modificati, riferimenti a leggi ormai abrogate da anni. Dunque è urgente mettere mano a tutta questa materia, costituendo un ufficio di piano, considerando che i vari strumenti hanno diversi tempi procedurali, per cui sarà necessaria una programmazione molto attenta di queste operazioni. Considerando la necessità di continuare con l’attività di rilascio di nulla osta è necessario rafforzare l’Ente con una figura professionale che abbia l’esperienza e la capacità di programmare e progettare strumenti complessi di gestione territoriale, sia in grado di seguire le procedure di approvazione ed abbia la competenza per affrontare tecnicamente e proceduralmente i temi delle valutazioni che accompagnano la modifica degli strumenti di pianificazione.

3.3 Il patrimonio immobiliare della Tenuta di San Rossore. Infine il terzo tema è quello della gestione del patrimonio immobiliare della Tenuta di San Rossore, per il quale è necessario avere una visione strategica del loro uso, in modo da scegliere con chiarezza funzioni e utenti. A San Rossore non si può fare tutto e il contrario di tutto, a seconda delle varie richieste che sul momento si presentano sul tappeto. Il patrimonio edilizio in parte dovrà essere sistemato continuando un tradizionale uso residenziale, in parte dovrà essere restaurato sulla base di destinazioni che rispondano a chiari criteri che il Consiglio di amministrazione dovrà elaborare, insieme al Comitato di San Rossore. Sicuramente ci sarà spazio per rilanciare il centro studi sul tema dei Parchi, intitolato a Tiziano Raffaelli e Valerio Giacomini, che accoglierà la biblioteca specialistica da riordinare e le attività culturali, da sviluppare insieme al Gruppo di San Rossore, con il quale già in essere è un protocollo d’intesa.

Infine è necessario rilanciare i rapporti con il mondo scientifico dell’Università, con l’obiettivo di sviluppare ricerche finalizzate a temi gestionali e problematici del Parco.

 

Giovanni Maffei Cardellini

1 luglio 2016

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