La battaglia sul Piano Paesaggistico
L’attacco al Piano paesaggistico della Regione Toscana, in corso di approvazione, è espressione di un dibattito basato su polemiche strumentali portate avanti da categorie che temono di perdere posizioni vantaggiose. Bisogna invece ribadire che quello in approvazione è un piano territoriale che finalmente considera il paesaggio non un settore, ma l’espressione di un territorio organizzato che tiene insieme natura, storia e società civile, cioè il cittadino inteso non come un soggetto statistico con l’obiettivo del consumo, ma come il fine per il quale costruire una società armonica che riesca a mantenere e a ricuperare l’arte di stare sul proprio territorio. È un’arte, espressa dalle generazioni che ci hanno preceduto, di convivere con i propri luoghi, fondata sull’esperienza che diventa il sistema di regole che hanno portato alla costruzione del paesaggio, alla gestione delle acque e dei vari aspetti che governano un territorio. Le modifiche socio-economiche hanno reso quello che era una cultura diffusa, il lavoro nei campi che garantiva il presidio paesaggistico, un progetto da studiare, capire e governare. Così si spiega la grande mole del Quadro conoscitivo prodotto per il Piano: un primo punto fermo da cui partire per le progettazioni. Il progetto diventa un’interpretazione creativa dello stato attuale e, prima di tutto, si rivolge alla manutenzione. Com’è possibile dunque proporre modifiche sostanziali al Piano senza cambiare il Quadro conoscitivo?